Sono sempre stata affascinata dal compound effect, ossia l’effetto cumulativo.
A parlarne in un libro che si intitola proprio così è Darren Hardy.

Il componud effect riassume la strategia di ottenere grandi risultati da piccole, apparentemente insignificanti azioni.

L’equazione potrebbe essere così impostata:

 

piccole scelte + costanza + tempo = grandi risultati

 

Compound Effect di Darren Hardy

La natura ci insegna che il compound effect è una legge naturale: piccoli eventi che si ripetono nel tempo portano a enormi risultati. Nel bene e nel male.

 

Mi è capitato in questi giorni di leggere un’altra testimonianza di come piccoli cambiamenti hanno portato a enormi risultati.

Atomic Habits di James Clear

Ne parla James Clear nel suo best seller Atomic Habits, che è stato pubblicato anche in Italia da De Agostini con il titolo “Piccole abitudini per grandi cambiamenti”.

Al capitolo 1, Clear parla dello stupefacente potere delle piccole abitudini e racconta di come un uomo, Dave Brailsford, messo a capo della British Cycling Federation, partendo da piccolissime modifiche, sia riuscito in pochi anni a trasformare una squadra di ciclisti a cui uno dei principali produttori europei di biciclette si rifiutava di dare le biciclette per non fare brutta figura, a essere la squadra di tutti i record: dal 2007 al 2017 cinque vittorie al Tour de France, 178 campionati mondiali e 66 medaglie olimpiche e paraolimpiche.

La più importante serie di successi nella storia del ciclismo è dovuta alla strategia della “somma dei guadagni marginali”, così come l’ha definita lo stesso Brailsford, e consiste nel puntare a un piccolissimo margine di miglioramento in ogni cosa che si fa.

Ecco cosa scrive Clear:

“Brailsford e i suoi allenatori hanno iniziato apportando piccole modifiche degne – finalmente – di una squadra di ciclisti professionisti.

Hanno ridisegnato i sellini per renderli più comodi e hanno passato alcol sulle gomme per migliorarne l’aderenza, hanno chiesto agli atleti di indossare pantaloncini riscaldati elettricamente per mantenere una temperatura ideale del muscolo durante la corsa, e hanno utilizzato sensori biometrici per verificare come ciascuno di loro rispondeva a un determinato allenamento.

La squadra ha sperimentato i tessuti in una galleria del vento, e ha sostituito l’abbigliamento da esterno dei ciclisti con tute da corsa da interno, che si sono rivelate più leggere e aerodinamiche.

Ma non si sono limitati a questo.

Analisi al microscopio delle particelle residue del Cleanliness Test

Brailsford e la sua squadra hanno continuato ad apportare miglioramenti dell’1 per cento in settori ignorati e addirittura quasi impensabili.

Hanno sperimentato diversi tipi di gel per massaggi per vedere quale favorisse il più rapido recupero muscolare.

Hanno ingaggiato un chirurgo che insegnasse agli atleti il sistema migliore di lavarsi le mani per ridurre il rischio di prendersi un’influenza.

Hanno scelto i cuscini e i materassi che garantivano a ciascun atleta la migliore qualità del sonno, e hanno persino dipinto di bianco l’interno del furgone della squadra, in modo da riuscire a individuare le particelle di polvere che di solito sarebbero passate inosservate, ma che potevano compromettere la prestazione di biciclette perfettamente messe a punto.”

A proposito dell’ultimo punto, voglio farti osservare come i requisiti di pulizia dei componenti siano sempre più importanti in tantissimi ambiti.

Settori industriali ad altissime prestazioni, come l’automotive e l’aerospazio, da anni richiedono standard di pulizia dei componenti sempre più severi.

 

Microscopio elettronico per le Prove di Pulizia

In MotivexLab un intero settore si occupa dei test di pulizia tecnica, l’area Pulikom.

Con Paolo Pollacino ho scritto un libro dedicato ai test di contaminazione:

Prova di Pulizia, Viaggio alla scoperta del cleanliness test.

 

Prove di Pulizia, libro scritto da Elisabetta Ruffino e Paolo Pollacino

Puoi richiedere qui la tua copia

 

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