L’innovazione è sempre passata attraverso l’utilizzo di materiali nuovi o in maniera differente. E questo ha comportato nel corso del tempo il dare centralità all’analisi e alla sperimentazione dei materiali stessi. Partendo dal passato più remoto, materiali lignei e lapidei per poi allargare lo sguardo sui materiali metallici fino a raggiungere i materiali polimerici e compositi in tempi più recenti.

Così come la scintilla che ha portato l’uomo a cercare nuovi modi di fare le cose, è sempre stata un’esigenza di migliorare le proprie condizioni di vita e la realizzazione di un sogno.

Oggi voglio raccontarti il sogno di un uomo, nato e cresciuto non lontano da qui, a Piossasco, in provincia di Torino, e che qui diede vita al suo sogno, anche se poi la storia non gli diede il giusto tributo.

A Piossasco lo chiamavano Il Matto. Matto perché sognava un modo nuovo per illuminare il mondo. Con la lampadina elettrica invece che con le candele o le lampade a olio e gas.

All’anagrafe fu però registrato come Alessandro Cruto. Classe 1847.

La sua storia è raccontata in un bel libro di Vittoria Haziel, IL SIGNORE DELLA LUCE
Nino Aragno Editore, 2008

Il signore della luce - Vittoria Haziel

Alessandro Cruto e la storia dimenticata della lampadina italiana.

Ecco una sintesi della quarta di copertina:

“La Storia dimenticata di Alessandro Cruto, il semplice muratore di Piossasco, paesino alle porte di Torino. Non solo titolare di un’invenzione che ha cambiato il mondo, ma anche imprenditore, uomo marketing, direttore del personale, oculato amministratore, abile venditore dei suoi prodotti in Europa e persino in America, terra del plurinventore “rivale”, Edison. La sua è una testimonianza esemplare di tenacia contro le ostilità, i pregiudizi, la penuria di mezzi. La storia di una “formichina” italiana schiacciata, nella memoria della scienza, dal “mammouth” americano, che però non ha mai attribuito a sé l’invenzione. Cruto supera Edison nella materia del filamento capace di accendere la lampadina. È il 5 marzo del 1880. Sua è l’azienda fondata ad Alpignano, in seguito passata alla Philips.”

“Cruto supera Edison nella materia del filamento capace di accendere la lampadina.”

Sai cosa significa questo? Ricerca di materiali più performanti. Anni di esperimenti in laboratorio per arrivare a creare un materiale e una tecnologia capace di sostenere quella luce bianca che cambierà per sempre il modo di vivere dell’uomo.

Vittoria Haziel riporta fedelmente pagine delle memorie dell’inventore stesso:

“I miei carboni per lampade ad incandescenza, fin allora consistevano in laminate formate decomponendo degli idrocarburi in contatto a della porcellana verniciata portata alla temperatura del calore rovente.

Convinto poi che quella forma dei carboni non era la più appropriata e che la forma a filamento meglio si addiceva allo scopo, studiai il modo di ottenerlo in filo.

Trovai il modo facendo depositare il carbonio sopra un filo finissimo di platino, percorso da una corrente elettrica da portarlo al rovente in un’atmosfera d’idrogeno bicarbonato. Per la fabbricazione di questi filamenti ho dovuto immaginare e costruire un tutto speciale.”

E questo “tutto speciale” era costituito di ampolle in vetro create da un esperto soffiatore giunto addirittura da Roma per partecipare all’impresa di Cruto, e di una “saldatura elettrica che a giusta ragione deve chiamarsi a incandescenza, costituiva una vera invenzione, che poi ho compreso nel mio primo brevetto del 1882…”

Un “tutto speciale” che, come racconta la Haziel, il dottor Gugliemo Jervis – Conservatore del Regio Museo Industriale di Milano – un’autorità del tempo, in una lettera inviata a Cruto, definisce:

“Per parte mia non esito a chiamare una delle scoperte più brillanti fatte nella chimica e nella metallurgia per una serie di anni… Ella… è uscita a produrre artificialmente la griffe più pura che possa esistere… che… debba impartire alle lampade elettriche, nelle quali è adoperata, una superiorità incontestabile sopra le altre… si renderebbe così di importanza mondiale, di applicazione pratica la di lei magnifica e utile scoperta.”

Scoperta tutta italiana, di cui parlano già le cronache del tempo. Ecco un estratto di un articolo uscito sulla Gazzetta Piemontese dl 2 novembre 1884, in occasione dell’Esposizione Generale di Torino:

Esposizione Generale di Torino del 1884

Esposizione Generale di Torino del 1884 – © atlanteditorino.it

“Quantunque non abbia il nome e la réclame che da certuni si suol fare alle case straniere solo perché sono straniere e si annunciano con grande pompa di grandezza di capitali, è però in grado di fornire bellissime e potenti lampade ad incandescenza, capaci di rivaleggiare con le lampade Edison, Maxim, Swan e altre…”

E fu così giungiamo alla sera del 26 aprile 1884. Siamo in Piazza Carlo Felice a Torino.

Lascio il racconto a Vittoria Haziel:

“Le cronache di quel periodo hanno un che di fantastico.

La sera del 26 aprile 1884 Piazza Carlo Felice fu illuminata elettricamente e “il giardino, attorno a cui circolò la gente tutta al sera, pareva un luogo incantato” così ci riporta la Gazzetta Piemontese del giorno dopo. Nello stesso mese entrò in funzione anche il nuovo impianto di illuminazione elettrica del Teatro Regio.

Bisognerebbe riuscire ad immedesimarsi nelle emozioni di quei tempi, e negli stupori di fronte alle meraviglie di una scienza che avanzava.

Tutti questi esempi testimoniano quanto presente fosse l’inventore piemontese nella vita industriale dell’epoca e nelle cronache, e come piano piano la sua immagine e il ricordo di lui siano stati inghiottiti nelle sabbie mobili di una Storia ingiusta e smemorata, finendo in quelle sacche in cui, per un insieme di motivi e coincidenze, nessuno va più a pescare.”

Qualcuno però se ne ricorda ancora del Matto di Piossasco, che tanto matto non era. Come non sono matti tutti quelli che in questo momento stanno cercando un modo nuovo di usare tecniche e materiali per ottenere qualcosa di buono per il nostro futuro.

Hai bisogno di fare analisi sui materiali e sui processi speciali? Telefona allo 0119370516 o scrivi a laboratorio@motivexlab.com

Noi ci siamo.

Spero di incontrarti presto.

Elisabetta Ruffino